Effetto traumatico dell’Inferno su Dante
L’ingresso nell’Inferno ha un effetto traumatico per Dante, colpito da sensazioni visive (l’oscurità fitta) e uditive (le disperate grida dei dannati) che lo fanno angosciare e provocano in lui il pianto.
I dannati nel secondo cerchio
Nel secondo cerchio sono puniti i peccatori incontinenti, in particolare i lussuriosi, trascinati per l’aria dalla bufera infernale, contrappasso della passione che li travolse in vita.
La disposizione dei dannati nella Giudecca
Dante vede i dannati completamente imprigionati nel ghiaccio, alcuni rivolti verso il basso, altri verso l’alto con la testa o i piedi, altri ancora raggomitolati su se stessi.
Converrebbe al tristo buco
Inferno Canto trentaduesimo:
"S’io avessi le rime aspre e chiocce,
Come si converrebbe al tristo buco,
Sopra il qual pontan tutte l’altre rocce,
Io premerei di mio concetto il suco.
Più pienamente; ma perch’io non l’abbo,
Non sanza tema a dicer mi conduco:
Chè non è impresa da pigliar a gabbo."
La difficoltà di descrivere la profondità dell’universo
"Ché non è impresa da pigliare a gabbo / discriver fondo a tutto l’universo, / né da lingua che chiami mamma o babbo", si legge nell’Inferno dantesco, quando il poeta è alla ricerca delle parole più adatte per descrivere il fondo dell’universo.